Il contrabbassista, Marco Polizzi…
È stato molto stimolante accettare la sfida di realizzare, ed eseguire in scena, una colonna sonora utilizzando solo il contrabbasso, strumento notoriamente relegato all’accompagnamento, mettendone in evidenza la versatilità timbrica, oltre a quella scenica. L’esecuzione dal vivo delle musiche mi consente di interagire con le dinamiche e il ritmo della recitazione diventando così il terzo personaggio in scena.

Ofelia, Barbara Giordano
Ogni volta che aspetto il mio turno per entrare in scena penso:
– Questa volta non arriverò fino in fondo, sverrò, mi dimenticherò le battute, il pubblico se ne andrà prima della fine dello spettacolo – e altre delizie rassicuranti simili.
Poi entro e mi ricordo che Ofelia è altro da tutto questo. Lei non ha paura di come appare, non crede di dover dire determinate parole piuttosto che altre, è abituata ad essere ignorata dagli adulti e additata come ragazza mentalmente ritardata. La sua ragione di vita è avere sempre un nuovo fiore da coltivare, vederlo crescere a poco a poco, giorno dopo giorno.
Ofelia mi ha insegnato la forza della progettualità, mi ha insegnato ad individuare i germogli negli incontri e ad innaffiarli di lacrime e risate e rabbia a volte, ma con la costanza che si riserva a ciò che scegliamo di amare totalmente.

Gertrud, Serena Ottardo…
Considerando la mia personale esperienza da cantante professionista, posso affermare che “Tiergartenstrasse 4 – Un giardino per Ofelia” mi ha dato la grande opportunità di confrontarmi con i brani della grandiosa Edith Piaff, esplorandone i colori e le caratteristiche, ma soprattutto per la prima volta mi sono trovata ad osservare la capacità interpretativa, nel corpo e nella vocalità, di un’artista lontana… non del nostro tempo. È stato davvero interessante e stimolante accostarsi ad un mondo comunicativo completamente differente dal mio, dal nostro. Dalla postura scenica contenuta e sobria, al modo di usare le mani altrettanto scarno ma diretto, tipicamente anni ’40.
Tutte caratteristiche che ho cercato più possibile di “incanalare” nel mio personaggio, “Gertrud” una donna costretta socialmente alla durezza espressiva ed alla severità di modi ed azioni. Tirando le somme, un’esperienza per me del tutto nuova e sorprendente da ogni punto di vista.

L’aiuto regia, Lucia Radicchi…
Quando un’attrice decide per la prima volta di accettare di fare l’aiuto regia, credo scelga in quel preciso istante di mettere tutto in discussione, di guardare il palco, gli altri attori, il regista, la platea, lo staff tecnico, il suo lavoro, le sue convinzioni, da una prospettiva diversa, accettando più che mai che questo lavoro è una continua ricerca, un continuo “perché”, un eterno viaggio.
Ho visto quindi nascere questo spettacolo, l’ho visto prendere forma, crescere, l’ho guardato tra il pubblico, dalle quinte, accanto al tecnico in regia, ed ogni volta sono arrivate emozioni diverse, spesso inaspettate. All’inizio mi sono detta: la magia del teatro fa sempre il suo lavoro! Poi ho capito che era questo spettacolo a brillare di luce propria.
Pur trattando un argomento così forte e doloroso, il testo alterna momenti drammatici a momenti dove si riesce a sorridere. E’ così geniale da poter permettere una scenografia povera, che lascia spazio all’immaginazione dello spettatore. Questi non fatica affatto a vedere oltre, ed entrare così nel mondo fiorito della nostra Ofelia, ripercorrendo accanto a Gertrud, sulle note della grande Edith Piaf, un flashback di tenerezza, paura, solitudine, innocenza e soprattutto un pezzo di Storia che non può lasciare indifferenti.
Solitamente il pubblico di uno spettacolo conosce il viso di chi sta sul palco e quello del regista, quasi nessuno sa com’è quello dell’aiuto regia e questo ti permette a fine spettacolo di girare tra la gente, che non sa chi sei, ed ascoltare le vere critiche, che escono senza filtri. La cosa più bella che ho sentito è stata: “Ho un misto di emozioni e stati d’animo dentro che non riesco a spiegare, ho fatto fatica a cominciare ad applaudire!” E’ sempre così anche per me, ad ogni replica. Sono arrivata a credere che appena si spegne la luce, nel finale, quella manciata di secondi di sospensione e di totale silenzio prima dell’applauso in realtà è un istante in cui tutti, a loro modo, gridano.